Dall’acciaio all’energia solare

A Buffalo, nello stato di New York, dalle fondazioni di una vecchia acciaieria dismessa sorgerà il più grande stabilimento per la produzione di pannelli solari degli Stati Uniti.

1 Luglio 2016

Il nuovo stabilimento SolarCity per la produzione di pannelli solari, in costruzione a Buffalo (Stato di New York) nella ex area industriale di Riverbend, una volta terminato sarà il più grande degli Stati Uniti.

Il progetto – una delle ultime iniziative di Elon Musk, fondatore di PayPal, SpaceX e Tesla – è di particolare importanza per la città, perché è strettamente legato al suo rilancio economico e fa parte di un più ampio piano definito Buffalo billion dollar initiative, che intende portare nella zona industriale dismessa aziende hightech di vario tipo. Il nuovo polo industriale, che con gli spazi accessori occuperà un’area complessiva di ben 29,4 ettari su cui prima sorgeva un’accaieria, produrrà ogni anno pannelli solari di ultima generazione in quantità sufficiente per generare un Gigawatt, e sarà quindi il più esteso del suo genere nel mondo occidentale. Una volta avviato a pieno regime, il moderno stabilimento occuperà più di duemila persone e altre mille nell’indotto. I lavori per la riconversione del sito e la costruzione delle strutture sono stati assegnati a LPCiminelli, importante impresa di Buffalo che opera in tutta la East Coast.

Sorprese “underground”

L’acciaieria Republic Steel rimasta in funzione per oltre settant’anni era stata progressivamente smantellata a partire dagli anni settanta, fino a quando, negli anni ottanta, fu chiusa in modo definitivo; successivamente tutte le strutture in elevazione furono demolite, lasciando l’area nelle condizioni di brownfield, cioè non ancora pronta per un cambio di destinazione d’uso. Nel 2007 il terreno era stato finalmente bonificato, ma non era sgombro e pronto alla costruzione. Quando è stato messo a punto il progetto SolarCity è infatti risultato evidente che si sarebbe resa necessaria la rimozione delle strutture rimaste interrate negli oltre 93.000 metri quadrati occupati dall’impronta di pianta dei nuovi edifici, e di quelle che si trovavano al di sotto di tutta l’area interessata ai lavori per la realizzazione dell’ampia rete di sotto servizi, delle zone a verde e di parcheggio. Si trattava infatti di rimuovere spesse platee di fondazioni, muri di sostegno e strutture miste di acciaio e cemento di cui non si conosceva completamente la posizione e l’esistenza. Un intervento che non avrebbe potuto certo essere eseguito esclusivamente con l’impiego di escavatori dotati di sola benna, ma che avrebbe richiesto l’impiego di martelli idraulici in grado di demolire strutture che si trovavano anche a due o tre metri al di sotto del piano campagna. Quello che inizialmente era dunque apparso un passaggio necessario, ma secondario rispetto alla vera e propria costruzione dei nuovi edifici, si è presto dimostrato un aspetto centrale del cantiere. A maggio 2015, dopo un anno di lavoro, erano infatti stati demoliti e rimossi circa 25.000 metri cubi di calcestruzzo, cui si devono inoltre aggiungere circa 3.000 tonnellate di materiali ferrosi di varia natura (oltre alle armature annegate nei vari getti di calcestruzzo sono state infatti asportati dal terreno elementi di vari impianti, vecchi carrelli, rotaie, loppa d’alto forno e altri scarti di lavorazione).

Indeco campione di energia

Fin dalla fase progettuale era apparso chiaro che la rimozione delle strutture ancora presenti nel terreno sarebbe stato un intervento necessario per permettere la costruzione del nuovo stabilimento, ma come già accennato, solo una volta iniziati i lavori, i tecnici del LP Ciminelli hanno realizzato a pieno come questa fase fosse di fatto più complicata ed estesa di quanto previsto. Essendo stata attiva per decenni, l’acciaieria, nel tempo, era stata soggetta a una serie di modifiche e ampliamenti che era impossibile mappare con esattezza. L’individuazione preventiva era inoltre resa ancora più difficile dal fatto che tutte le strutture in elevazione erano già state demolite quasi trent’anni prima dell’inizio dei lavori e quindi non esistevano riferimenti visivi sufficientemente estesi ed evidenti per individuare con esattezza la presenza di elementi in cemento armato quali appunto le fondazioni, le pavimentazioni e rinforzi strutturali necessari per il sostegno dei pesanti impianti dell’acciaieria. Per la demolizione LP Ciminelli ha utilizzato cinque martelli Indeco (un HP 8000, due HP 13001 e un HP 16.000). Le attrezzature sono state impiegate in modo esteso, sia per la demolizione necessaria all’asportazione dei vari elementi in cemento armato e dei getti che occupavano le aree dove dovevano essere realizzate le nuove fondazioni, sia per gli scavi e le trincee necessarie al passaggio dell’ampia rete di sotto servizi. Il lavoro si è dimostrato molto impegnativo, perché, in quasi sei mesi, i martelli sono stati impiegati in modo intenso, dimostrandosi produttivi ed affidabili, nonostante le condizioni operative si fossero dimostrate difficili e, a volte davvero proibitive. Si è trattato infatti di rimuovere un calcestruzzo di notevole durezza che in alcuni casi si è dimostrata superiore ai 70 MPa (70 Kn/m² o 10.000 Psi) spesso gettato con armature di diametro 36 o 34 (cioè 12 e 10 in misura americana). In non pochi casi nel getto sono state rinvenute anche vere e proprie travi e altri tipi di armature in ferro che hanno richiesto un lavoro molto intenso per essere rimosse. A complicare ulteriormente l’operazione si è inoltre aggiunto il fatto che lo scorso inverno a Buffalo (una delle città più fredde degli Stati Uniti) per giorni si sono arrivate a toccare temperature al disotto di 25 gradi centigradi sotto zero, con il conseguente congelamento del terreno; una condizione che spesso ha richiesto l’impiego del martello anche per poter raggiungere e scoprire le strutture in calcestruzzo nascoste. Una volta terminati tutti gli scavi si stima che dal sito dove sorgerò il nuovo stabilimento SolarCity saranno demoliti ed asportati oltre 30.000 metri cubi di calcestruzzo. Così ha commentato Keegan Lachut, direttore di cantiere dell’impresa LP Ciminelli: “Il lavoro di demolizione è stato davvero una sfida, sia per la quantità di materiale che abbiamo rimosso dal terreno, sia perché non sapevamo davvero cosa aspettarci, man mano che l’operazione proseguiva. Tutti i martelli Indeco hanno dato ottime prestazioni, ma in certe situazioni il più risolutivo è stato indubbiamente l’ HP 16.000; non credo di aver mai visto un martello con quelle prestazioni. Con il senno di poi se avessimo intuito da subito le difficoltà e le reali capacità dell’HP 16000 ne avremmo noleggiati cinque al posto degli altri modelli. Come dicevo, questi hanno comunque dato ottime produzioni, ma visto l’impiego gravoso hanno ovviamente richiesto tempi di lavoro più lunghi, specie nelle situazioni più difficili”. I martelli Indeco, e buona parte delle macchine impiegate dall’impresa, sono state noleggiate da Anderson Equipment, una delle più importanti realtà distributive di macchine ed attrezzature della East Coast, con 21 sedi dalla West Virginia fino al Maine. Anderson Equipment, oltre ad essere distributore dei prodotti Indeco, possiede una flotta di noleggio di ben 70 martelli, dal piccolo HP 350 al HP 16000. Nella filiale di Buffalo abbiamo incontrato il responsabile della divisone noleggio Rod Dabolt: “Credo che Indeco oggi offra fra i martelli più affidabili e produttivi disponibili sul mercato; Indeco è inoltre l’unico produttore ad avere nella propria gamma martelli quali l’ HP 16000 e l’HP 25000; veri e propri colossi che, come nel caso dell’HP 16000 utilizzato nel cantiere di Riverbend, possono davvero fare la differenza nelle condizioni di lavoro più difficili. Come responsabile della flotta noleggio di questa filiale ritengo che i martelli Indeco offrano il doppio vantaggio di avere una gamma molto estesa e di accoppiarsi senza problemi agli escavatori Komatsu da noi distribuiti. Altri aspetti vincenti sono senz’altro la longevità e la costruzione modulare che permette una facile manutenzione”.