L’HP 5000 ABF di Indeco al lavoro nella costruzione del nuovo porto commerciale di Molfetta

In più di due mesi di scavo sottomarino si è distinto per l'affidabilità, senza aver mai bisogno di una particolare manutenzione.

1 Luglio 2016

Il nuovo porto commerciale di Molfetta (BA), a lavori ultimati sarà la seconda opera infrastrutturale marina più grande in Italia, dopo il Mose di Venezia. È una costruzione colossale dal valore di circa 60 milioni di euro, dove sono al lavoro draghe capaci di raggiungere lunghezze di circa 50 metri.

I lavori sono stati appaltati dal Comune di Molfetta all’Ati Molfetta New Port formata dalla mandataria Cmc – Cooperativa Muratori e Cementisti di Ravenna, specializzata in costruzioni civili e infrastrutturali, da Sidra – Società Italiana Dragaggi, specialista in lavori marittimi, e Impresa Pietro Cidonio, che si occupa di opere marittime a cassoni cellulari in cemento armato.

Considerata la complessità, l’intervento è suddiviso in diverse fasi. Nei lavori di approfondimento del fondale per la realizzazione della banchina nautica minore è stato impiegato il demolitore idraulico Indeco HP 5000 ABF da 3.000 chilogrammi, montato sull’escavatore Caterpillar 336D LN e customizzato con il colore aziendale della Sidra, il verde. La banchina, costruita su massi artificiali in calcestruzzo, si sviluppa su una lunghezza di circa 200 metri e prevede la realizzazione di uno scalo di alaggio per imbarcazioni minori.

L’obiettivo dell’HP 5000 ABF, che fa parte della gamma dei martelli grandi Indeco, era effettuare l’escavo del fondale in roccia calcarea stratificata tipica della zona, per portarlo a una profondità da uno a tre metri; lo scavo, eseguito in due mesi e mezzo, misurava circa 250 metri di lunghezza e sette metri di larghezza. Una volta terminato il lavoro e raggiunta la quota di basamento, con l’ausilio di palombari, si è proceduto allo spianamento per realizzare un piano di appoggio su cui posare con una gru i massi artificiali dal peso totale di circa 30 tonnellate.

Il martello impiegato è equipaggiato del kit subacqueo che, composto da un raccordo di connessione filettato, una protezione di acciaio e un tubo di collegamento a un compressore, non fa penetrare acqua nelle parti interne dell’attrezzo. Nel caso specifico, la difficoltà del lavoro era dovuta, oltre all’irregolarità del fondale, alla mancanza di visibilità del fondo stesso per via dell’intorbidamento dell’acqua causato dalle polveri e dal materiale frantumato.