Autostrada A3 – la Galleria Serra Rotonda
Esplosivo e martello si alternano e collaborano per scavare attraverso ammassi difficili. Due HP 7000 hanno contribuito in modo significativo allo scavo della Galleria Serra Rotonda sulla autostrada Salerno-Reggio Calabria.
L’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, che è gestita dall’ANAS senza pedaggio, si estende per 442,9 chilometri. L’infrastruttura è stata costruita tra il 1966 e il 1974, in un territorio fra i più difficili al mondo per il passaggio di un’arteria di quel genere, in quanto a orografia, geologia e, in certi tratti, anche a livelli di sismicità.
Dal 2001 l’A3 è oggetto di un vero e proprio rifacimento secondo un progetto che ha previsto in parte l’inglobamento e potenziamento del vecchio tracciato e in parte la definizione di uno nuovo e parallelo. Ad oggi sono stati completati con successo 339 chilometri, mentre i rimanenti 68,5 chilometri sono in via di costruzione.
La Galleria Serra Rotonda
La galleria a due canne Serra Rotonda fa parte del macro lotto 3 parte 1 del nuovo tracciato dell’A3 realizzato dall’impresa GLF Spa. L’opera si trova nella regione Basilicata in corrispondenza del comune di Lauria. La canna nord ha una lunghezza di 3.725,50 metri, a cui si aggiungono un tratto di 135,86 metri in artificiale al portale nord ed un tratto in artificiale al portale sud di 7,10 metri. La canna sud ha invece una lunghezza complessiva di 3.740 metri a cui si aggiunge un tratto di 128,65 metri in artificiale al portale nord, ed uno di 7,10 metri al portale sud.
Il profilo geomeccanico
Nei primi 600 metri circa dopo il portale nord, la galleria naturale attraversa i cosiddetti depositi di “Lagonegro”. Questi si compongono di alternanze di marne silicee, argilliti e calcilutiti di scarse caratteristiche geotecniche e danno origine in superficie ad uno scoscendimento o frana di precaria stabilità. In questo tratto è stato quindi necessario disporre di sezioni di scavo adeguate per contrastare le spinte delle terre. Il restante tratto si sviluppa interamente all’interno delle formazioni dell’unità carbonatica di Monte Pollino, consistenti in calcari e calcareniti gradate e in calcari dolomitici, con coperture massime di circa 430 metri. Nella zona centrale si è invece verificato il previsto passaggio in calcari dolomitici e dolomie intensamente fratturate, in cui si è manifestata anche la presenza di formazioni carsiche. Il lato sud, da cui peraltro sono cominciati i lavori, è interessato da calcari e calcareniti e da alcune faglie ed è in condizioni di parietalità. Dalle indagini effettuate preventivamente lungo il tracciato, si è appurato che il livello della falda sarebbe sempre stato inferiore alla quota di progetto della galleria. Il variare del profilo geologico ha imposto che fossero utilizzate sette diverse sezioni tipo, studiate in funzione dello stato tensionale dell’ammasso.
Lo scavo
Per lo scavo si è optato per l’esplosivo ed il martello, sia per le caratteristiche e la disomogeneità del profilo geologico, sia perché in direzione sud entrambe le canne sarebbero sboccate direttamente su un viadotto in fase di costruzione; una condizione già di per sé sufficiente per rendere comunque impossibile l’impiego della TBM. Lo scavo è del resto iniziato proprio dall’imbocco sud (lato Reggio Calabria) ed è stato realizzato col martello in canna nord per una lunghezza di 2.424 metri; mentre in canna sud per una lunghezza di 2.357 metri. L’ammasso non ha dunque sempre mostrato livelli di fratturazione e durezza che hanno permesso lo scavo con martello. In particolare, la produzione (con valore medio pari a 4 metri al giorno, con picchi di 6-7 metri al giorno) è progressivamente calata fino ad arrivare a livelli inferiori al metro al giorno, allorché l’avanzamento ha raggiunto la zona caratterizzata dalla presenza di calcari e calcareniti gradate e di calcari dolomitici, poco fratturati e con pronunciati fenomeni carsici con valori intorno ai 70 MPa. A quel punto si è deciso di sospendere l’impiego del martello, optando per lo scavo con esplosivo. Per un breve tratto la produzione in canna sud è continuata secondo una tecnica che si potrebbe definire “ibrida”, in quanto l’esplosivo non riusciva ad essere completamente risolutivo, per via delle caratteristiche di fratturazione dell’ammasso. Il martello per meno di cinquanta metri è infatti stato utilizzato per completare le operazioni di vero e proprio scavo e profilatura e non solo di semplice disgaggio, mentre ha invece continuato ad essere impiegato per lo scavo dei bypass carrabili che consentiranno di transitare dalla canna nord alla canna sud e viceversa. Alla progressiva 2795,00S è stata aperta una finestra da cui l’impresa Castellano SpA (subappaltatore incaricato dello scavo) ha effettuato gli avanzamenti sia in direzione SA che RC, per entrambe le canne, al fine di velocizzare gli avanzamenti. I martelli Indeco HP 7000 sono stati utilizzati dall’impresa Castellano dalla finestra in canna nord per 1.156 metri, mentre nel restante tratto di circa 806 metri si è proceduto con esplosivo; dalla finestra in canna sud si è inveceutilizzato il martello per 1.064 metri, mentreil restante tratto di 753 metri è stato scavatocon l’esplosivo, fino a quando l’ammasso (appunto caratterizzato da alternanze di marne silicee, argilliti e calcilutiti di scarse caratteristiche geotecniche) ha richiesto il consolidamento del fronte con infilaggi ed elementi strutturali in VTR suborizzontali con il sistema ADECO RS. In questa zona si era peraltro riscontrata, già in fase di rilevamento geognostico, la presenza di gas metano che avrebbe potuto presentarsi in quantità tale, da rientrare nel rapporto stechiometrico pericoloso per le operazioni di scavo (quello cioè compreso fra il 5 e il 16%). La direzione lavori ha dunque richiesto l’impiego di speciali escavatori dotati di protezioni antideflagranti, che sono stati forniti dall’impresa Technoscavi. Il subappaltatore ha utilizzato anche in questo caso martelli Indeco HP 7000 per un tratto di 344 metri in canna nord e per 401 metri in canna sud. Anche a fronte di materiale minimamente coesivo e molto fratturato, con valori in alcuni casi inferiori agli 8 Mpa, il martello si è dunque dimostrato un ottimo metodo di scavo, indipendentemente dalla presenza di gas, che ovviamente lo ha reso imprescindibile. L’esplosivo a fronte di materiale disomogeneo, molto fratturato e poco coeso avrebbe infatti offerto produzioni troppo basse, con tempi di preparazione, volata e smarino che sarebbero rimasti pressoché identici a quelli tipici di amassi più compatti e consistenti. Come si deduce dai grafici riferiti alla produzione mensile, dove più intenso è stato l’impiego del martello, si sono ottenuti interessanti risultati. Questo è stato possibile grazie a condizioni ideali create da un ammasso molto fratturato con RMR pari a 36 corretto (CLASSE IV Beniawski), caratterizzato da valori GSI compresi tra 33 e 3 e una resistenza a compressione uniassiale compresa tra 15-40 MPa.